13 giugno 2022

Guy de MAUPASSANT, Henri-René-Albert - le Grandi firme della Narrativa Breve

 

(Tourville-sur-Arques, 5 agosto 1850 – Parigi, 6 luglio 1893)

Legato alla corrente del naturalismo francese, e allievo di Flaubert, il nostro "fu scrittore originale nella rappresentazione, fra divertita e spietata, di un mondo borghese cupido e sensuale, raggiungendo risultati tra i più alti della letteratura europea dell'Ottocento". Considerato uno dei padri del racconto moderno ha scritto oltre trecento novelle (La signorina Fifi - Palla di Sego - La Horle - e romanzi di successo come Une vie (1883) e Bel Ami (1885).

IN QUESTO SITO

👉 LA RAGAZZA DI PAUL (1881)

Incipit:
Il ristorante Grillon, vero falansterio di canottieri, si stava lentamente vuotando. Davanti all’uscio era una confusione di grida, di richiami; e dei giovanottoni con la maglietta bianca, gesticolavano tenendo i remi sulla spalla. Le donne, in freschi abbigliamenti primaverili, salivano con grande attenzione sui canotti, si sedevano a poppa aggiustandosi l’abito, mentre il padrone del ristorante, un pezzo di giovane con la barba rossiccia, famoso per la sua forza, dava la mano alle donzelle, mantenendo in equilibrio le fragili imbarcazioni. A loro volta i rematori si mettevano al posto, braccia nude e petto in fuori, posando per la platea che era composta di borghesi vestiti a festa, di operai e soldati appoggiati coi gomiti alla balaustra del ponte, e attentissimi allo spettacolo. Ad una ad una le imbarcazioni si distaccavano dal pontone. I rematori si curvavano in avanti, poi si gettavano all’indietro, con movimento regolare; sotto la spinta dei lunghi remi ricurvi i veloci canotti scivolavano sul fiume, s’allontanavano, rimpiccolivano, scomparivano infine sotto l’altro ponte - quello della ferrovia - scendendo giù verso il Ranocchiaio. 




Incipit:
La pioggia cadeva a dirotto, una pioggia normanna che pareva scagliata da una mano furiosa, una pioggia obliqua, fitta come un tendone, simile a un muro di strisce oblique, una pioggia che sferzava, schizzava, annegava ogni cosa, una vera pioggia dei dintorni di Rouen, orinale della Francia.

Il comandante prussiano, maggiore conte di Farlsberg, stava finendo di leggere la posta, sprofondato in una gran poltrona, coi piedi poggiati sull'elegante marmo del caminetto nel quale gli speroni degli stivali, nei tre mesi da che durava l'occupazione del castello di Uville, avevano scavato due solchi profondi, che s'approfondivano ogni giorno di più.
Una tazzina di caffè fumava su un tavolinetto macchiato dai liquori, bruciacchiato dai sigari intaccato dal temperino dell'ufficiale conquistatore, il quale, talvolta, mentre appuntiva una matita, si fermava e tracciava sul grazioso mobile cifre o disegni, seguendo le sue svagate fantasticherie. Quando ebbe letto la corrispondenza e sfogliato i giornali tedeschi che il furiere gli aveva portato, si alzò, buttò sul fuoco tre o quattro ciocchi di legna verde - poiché quei signori per riscaldarsi abbattevano un po' alla volta il parco - e si avvicinò alla finestra. La pioggia cadeva a dirotto, una pioggia normanna che pareva scagliata da una mano furiosa, una pioggia obliqua, fitta come un tendone, simile a un muro di strisce oblique, una pioggia che sferzava, schizzava, annegava ogni cosa, una vera pioggia dei dintorni di Rouen, orinale della Francia. Per giorni e giorni i resti dell'esercito in rotta attraversarono la città. Non erano soldati, ma orde sbandate. Gli uomini, con la barba lunga e sporca, le uniformi a brandelli, camminavano con passo stanco, senza bandiera, senza capi. Parevano tutti depressi, sfiancati, incapaci di pensare o di decidere, andavano avanti solo per abitudine, e appena si fermavano cadevano giù dalla fatica. Erano per lo più richiamati, gente pacifica, tranquilli possidenti, curvi sotto il peso del fucile; giovanissime reclute, vivaci, facili a spaventarsi come a entusiasmarsi, pronte all'attacco come alla fuga; in mezzo ad essi, alcuni pantaloni rossi, resti d'una divisione maciullata in una grande battaglia; scuri artiglieri in fila con fanti di diverse armi; e, ogni tanto, l'elmo lucido d'un dragone dal passo pesante che seguiva faticosamente la marcia più spedita dei fanti. Passavano anche legioni di franchi tiratori dai nomi eroici: «i Vendicatori della Disfatta; i Cittadini della Tomba; i Votati alla Morte», e dall'aspetto di banditi.


👉 SCAMPAGNATA (PROMENADE - 1881)

Incipit:

Da cinque mesi c'era il progetto d'andare a mangiare nei dintorni di Parigi, il giorno della festa della signora Dufour, che si chiamava Petronille. Sicché quella mattina, dopo aver aspettato la scampagnata per tanto tempo, tutti s'erano alzati prestissimo. Dufour s'era fatto prestare la vettura dal lattaio, e s'era messo a guidare lui stesso. Era una carretta a due ruote, assai decorosa, col tetto sostenuto da quattro montanti di ferro ai quali erano appese le tendine, che avevano tirato su per lasciar libera la vista del paesaggio. Quella dietro, sciolta, ondeggiava al vento come una bandiera. Seduta accanto al suo sposo, la signora Dufour si spampanava in uno straordinario vestito di seta color ciliegia. Dietro, su due sedie, c'erano la vecchia nonna e una ragazza. Dietro ancora si scorgevano i capelli gialli d'un giovane, il quale, in mancanza di seggiole, s'era sdraiato sul fondo, e lasciava vedere soltanto la testa.


Incipit
Per giorni e giorni i resti dell'esercito in rotta attraversarono la città. Non erano soldati, ma orde sbandate. Gli uomini, con la barba lunga e sporca, le uniformi a brandelli, camminavano con passo stanco, senza bandiera, senza capi. Parevano tutti depressi, sfiancati, incapaci di pensare o di decidere, andavano avanti solo per abitudine, e appena si fermavano cadevano giù dalla fatica. Erano per lo più richiamati, gente pacifica, tranquilli possidenti, curvi sotto il peso del fucile; giovanissime reclute, vivaci, facili a spaventarsi come a entusiasmarsi, pronte all'attacco come alla fuga; in mezzo ad essi, alcuni pantaloni rossi, resti d'una divisione maciullata in una grande battaglia; scuri artiglieri in fila con fanti di diverse armi; e, ogni tanto, l'elmo lucido d'un dragone dal passo pesante che seguiva faticosamente la marcia più spedita dei fanti. Passavano anche legioni di franchi tiratori dai nomi eroici: «i Vendicatori della Disfatta; i Cittadini della Tomba; i Votati alla Morte», e dall'aspetto di banditi.

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