(Boston, Massachusetts, 1809 - Baltimora 1849)
Poeta, narratore e critico statunitense, E. A. Poe è diventato il più famoso autore di narrativa fantastica grazie all’estrema sapienza tecnica con cui ha costruito i suoi racconti del terrore. [...]
Poe è considerato l’iniziatore di due generi letterari che hanno avuto grande successo: il racconto di detection, ovvero d’indagine deduttiva su un crimine misterioso, e il romanzo di fantascienza. (Treccani.it)
IN QUESTO SITO
⇩
Incipit:
Non ho molto da dire del mio paese e della mia famiglia. I cattivi trattamenti, e il passare degli anni, mi hanno cacciato da quello e reso estraneo all’altra.
Il mio patrimonio ereditario mi permise di procacciarmi un’educazione non comune, e il mio spirito contemplativo di classificare con metodo il materiale che lo studio precoce aveva diligentemente raccolto. Più di ogni altra cosa le opere dei filosofi tedeschi mi procurarono grandi delizie; non per una sconsigliata ammirazione della loro follia eloquente, ma per la facilità che mi davano le mie abitudini di pensiero rigoroso, di scoprire le loro falsità. [...]
Ho creduto bene premettere tutto questo, perché il racconto incredibile che sto per fare non venga attribuito all’esaltazione di una cruda fantasia piuttosto che all’esperienza positiva di una mente per la quale gli abbagli dell’immaginazione non sono mai esistiti.
Ho creduto bene premettere tutto questo, perché il racconto incredibile che sto per fare non venga attribuito all’esaltazione di una cruda fantasia piuttosto che all’esperienza positiva di una mente per la quale gli abbagli dell’immaginazione non sono mai esistiti.
Incipit:
Per il racconto stranissimo eppure casalingo che mi metto a stendere per iscritto, non mi aspetto né chiedo di essere creduto. Sarebbe pazzia pretenderlo trattandosi di un caso nel quale i miei sensi rifiutano di prestar fede a loro stessi. Eppure matto non sono; e certissimamente non sogno. Ma domani morrò, e oggi vorrei liberarmi l’anima di questo peso. Il mio scopo immediato è di mettere davanti al mondo in maniera chiara, succinta, senza commenti, una serie di semplici avvenimenti domestici che nelle loro conseguenze mi hanno terrificato, torturato, annientato.
... Questo è vero, sono un uomo nervoso, spaventosamente nervoso, e lo sono sempre stato; ma perché pretendete che sono pazzo? La malattia mi ha reso i sensi più acuti – mica me li ha distrutti – logorati. E già avevo l’udito finissimo, e tutto ho sentito del cielo e della terra. Anche dell’inferno ho sentito parecchio. Com’è dunque che sarei pazzo? State attenti! E osservate con quanto senno, con quale calma sono capace di raccontarvi tutta la storia.
Come in principio l’idea mi venne non è possibile dirlo; ma una volta che mi entrò in testa ne fui ossessionato notte e giorno. Un motivo, non c’era. La passione non c’entrava per nulla. Gli volevo bene, al caro vecchietto. E lui non mi aveva fatto alcun male. Mai mi aveva offeso. Né io volevo il suo oro. Fu per il suo occhio, credo. Sicuro, fu per quello! Aveva un occhio che pareva un occhio di avvoltoio, azzurro chiaro, con un velo sopra. Ogni volta che quell’occhio si posava su di me, mi si gelava il sangue; e così, lentamente, a grado a grado, mi misi in testa di togliergli la vita, al vecchio, e in tal modo sbarazzarmi per sempre dello sguardo di quell’occhio.
Ecco il punto! Voi mi credete pazzo. E i pazzi non sanno quel che fanno
Incipit
Non conobbi mai nessuno tanto pronto allo scherzo quanto il re. Sembrava vivesse solo per le burle. Raccontargli una storia scherzosa e raccontarla bene, era la via più sicura per conquistarne i favori. Perciò accadde che i suoi sette ministri fossero tutti persone eminenti per i loro talenti di burloni. Erano anche tutti dello stesso stampo del re, essendo alti, corpulenti e adiposi, oltre che inimitabili burloni. Non sono mai stato assolutamente in grado di stabilire se la gente ingrassi in virtù delle celie o se nel grasso stesso vi sia qualcosa che predisponga allo scherzo; ma certo è che un mattacchione magro è una rara avis in terris. [...]
Il nostro re, naturalmente, aveva il suo «matto». Era un fatto ch'egli sentiva il bisogno di qualcosa nel senso della follia, se non altro per controbilanciare la pesante saggezza di quei sette uomini saggi che erano i suoi ministri, per non dire di lui stesso.
Nessun commento:
Posta un commento