3 novembre 2017

IL DEBITO - LA STORIA DI MUHAMMAD DIN - Rudyard Kipling


SCHEDA

Autore:Joseph Rudyard Kipling (1865 – 1936) GB
Titoli:
IL DEBITO
(Limiti e rinnovamenti 1930)
LA STORIA DI MUHAMMAD DIN
(Racconti semplici della collina 1888)
Genere: Racconti
N° Parole: 3200 - 1200

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Descrizione
Biografia:
(Bombay 1865 - Londra 1936) scrittore inglese. Gli esordi Trascorse la prima infanzia in India dove il padre, J. Lockwood Kipling, esperto d’arte e pittore egli stesso, era conservatore del museo di Lahore. Nel 1871 fu mandato in Inghilterra, a Southsea, presso una parente anziana: vi passò anni di solitudine e di infelicità, dai quali prenderà più tardi spunto per un celebre racconto, Bee bee, pecora nera (Baa, baa, black sheep, in Wee Willie Winkie..., 1888). Nel 1878 K. entrò nello United Service College di Westward Ho, Devonshire, destinato ai figli degli ufficiali e funzionari in servizio: un ambiente rigido e sotto certi aspetti ossessivo, ma anche di una sua rigorosa moralità, che K. descriverà nei realistici racconti di Stalky e Soci (Stalky & Co., 1899). In India tornò nel 1882 come giornalista; è a questo periodo che risale l’assunzione dei temi e degli interessi che diventeranno caratteristici dello scrittore, come il rapporto tra i dominatori bianchi e la popolazione indigena, la funzione civilizzatrice dei britannici (il famoso «fardello dell’uomo bianco»), la memoria (sentita non come abbandono all’esotismo ma come coscienza storica) della remota e millenaria civiltà indiana.



 Espressione di tali contenuti furono le prime prove narrative, Tre soldati (Soldiers three) e Racconti dalle colline (Plain tales from the hills), entrambe apparse nel 1888, che diedero notorietà al nuovo scrittore prima ancora del suo rientro in patria nel 1889. Le opere maggiori Ma una vera popolarità K. l’ottenne con le Ballate di caserma (Barrack-room ballads, 1892), testi poetici miranti a definire il significato politico ed etico dell’azione inglese in India, ma spesso più liberamente aperti (come poi i capolavori kiplinghiani) all’esaltazione della libertà e della creatività individuale. Dopo un mediocre tentativo di romanzo, La luce che si spense (The light that failed, 1891), i massimi risultati di K. si ebbero con i due Libri della giungla e specialmente con un altro romanzo, Kim (1901). Convenzionalmente considerati un capolavoro della letteratura infantile, I libri della giungla (propriamente, Il libro della giungla, The jungle book, 1894, e Il secondo libro della giungla, The second jungle book, 1895) celano sotto le strutture della fiaba un originale impianto ideologico, che mette a fuoco il problema del rapporto dell’individuo con la società e del primato della legge morale sugli impulsi esistenziali; motivi che riappaiono in Kim, ma ulteriormente approfonditi attraverso la rappresentazione del conflitto tra i valori religiosi delle antiche civiltà asiatiche e quelli del razionalismo europeo. A tanta ampiezza tematica corrispondono soluzioni stilistiche che conciliano felicemente la scioltezza narrativa e la compattezza formale. Nel racconto, un genere coltivato lungo tutto l’arco della sua carriera, queste qualità toccano vertici assoluti, sia nelle già citate raccolte giovanili, sia in quelle della maturità (Molte invenzioni, Many inventions, 1893; Il lavoro quotidiano, The day’s work, 1898), sia nelle angosciose opere tarde (Debiti e crediti, Debits and credits, 1926; Limiti e rinnovamenti, Limits and renewals, 1932). Di grande successo, ma pur sempre opere minori, sono la brillante narrazione d’avventura di Capitani coraggiosi (Captains courageous, 1897), le storie d’ambiente medievale di Puck delle colline (Puck of Puck’s hill, 1906), le fantasiose Storie proprio così (Just so stories, 1902), lirico e malizioso omaggio all’infanzia. Quanto alla sua opera poetica, popolarissima fino circa agli anni Venti e poi trascurata dalla critica (tra le varie raccolte, I sette mari, The seven seas, 1896), essa rivela oggi, grazie anche alla lettura che ne diede Th.S. Eliot, notevoli pregi: il ritmo vigoroso, che riecheggia spesso le severe cadenze degli inni metodisti, l’abilità nell’uso del metro della ballata, e una sincerità nell’esprimere la propria visione degli eventi e degli uomini che non a caso provocò qualche risentimento nella regina Vittoria (La vedova a Windsor, The widow at Windsor). L’ideologia di Kipling K. (che ebbe il premio Nobel per la letteratura nel 1907) è stato spesso considerato dalla critica come il capofila della letteratura dell’imperialismo, il celebratore di una pax britannica imposta ai popoli di colore come pegno del loro inserimento in un progresso universale. Tuttavia tale interpretazione risulta ormai superficiale. Esaminato più da vicino, lo scrittore non mostra la presunzione del propagandista, ma piuttosto l’inquieta coscienza di un moralista. K. è consapevole che l’impero britannico incontrerà la sua decadenza e la sua fine; ma sostiene, sulla base di uno stoicismo che trova forse la sua matrice nell’educazione metodista dell’infanzia, che le istituzioni imperiali devono essere difese in forza di una disciplina etica. Per K. l’azione sociale dell’uomo prende significato dalla sua capacità di crearsi codici e regole: è affascinato da tutti i gruppi sociali cementati da vincoli di lealtà e di solidarietà e ubbidienti a peculiari schemi di comportamento (le scuole, le comunità militari, persino la singolare associazione degli animali della giungla soggetti ad una inderogabile Legge). Sotto questo aspetto K. può essere considerato, nell’evoluzione della moderna letteratura inglese, un pioniere dell’interpretazione sociologica: egli studia specialmente gli istituti, le strutture, le estreme sanzioni che impediscono alla società di precipitare e di dissolversi. Ma importante è anche il ruolo assegnato da K. all’esperienza individuale: essa è sentita spesso dallo scrittore come stimolo dialettico, e in questo ritmo contraddittorio tra l’esplicazione dell’energia del singolo e la realizzazione dell’armonia sociale sta il senso dell’ideologia kiplinghiana, e anche il significato stilistico di questa impresa letteraria che rappresenta, nel panorama del secondo Ottocento europeo, qualcosa di unico.

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