20 novembre 2016

I TRENI CHE VANNO A MADRAS - Antonio Tabucchi

SCHEDA

Autore: Tabucchi Antonio
Titolo: I Treni Che Vanno a Madras
Anno: 1° ed. 1985
Genere Racconto
N° parole: 3250

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Descrizione
Racconto tratto dalla raccolta : Piccoli Equivoci Senza Importanza Universale economica Feltrinelli

Il protagonista di questo racconto è un uomo in viaggio verso l’India per visitare la Società Teosofica, ma il suo ruolo è solo quello di narratore, perché il racconto gira intorno ad un altro personaggio. Lungo il viaggio in treno, conosce il suo compagno di stanza, un uomo sulla sessantina, grasso e dall’accento tedesco che si fa chiamare Peter. I due cenano insieme e parlano dell’India, della sua storia, della sua arte ed in particolare di quella dravidica e della bellezza dei suoi paesaggi e dei suoi monumenti. Tornati nella cuccetta, vanno a letto, ma vengono svegliati da un poliziotto accompagnato dal controllore, che si fa passare i loro documenti per esaminarli: il protagonista scopre allora che il cognome del suo amico è Schlemihl e che ha un passaporto israeliano. Gli dice allora che è impossibile che si chiami Peter Schlemihl, perché l’unico ad avere quel nome è il personaggio di un libro di Chamisso che narra di un uomo che vende la sua ombra al Diavolo (nel racconto di Antonio Tabucchi l’ombra ha un significato metaforico), 

e gli chiede cosa ci vada a fare a Madras. L’altro gli risponde che ci sta andando per vedere una statuetta e gli racconta di una visita medica di una quarantina di anni prima, quando, nudo ed in fila con altri uomini nudi, dopo essere stato visitato, aveva visto quella statuetta sulla scrivania del dottore: rappresentava un’immagine della dea Shiva danzante, iscritta in un cerchio con piccoli spazi aperti. Il medico allora gli aveva detto che, secondo lui, quella statua rappresentava il ciclo vitale nel quale devono entrare anche gli esseri inferiori per poter raggiungere la forma superiore della vita, la bellezza, e gli aveva augurato di rinascere su un gradino superiore a quello che gli era toccato in questa vita. Peter però continuava a pensare che quel circolo rappresentasse la danza della vita, nella quale c’è un giorno in cui il cerchio si chiude e non sappiamo quale. I due passeggeri arrivano in orario a Madras e si salutano: tre giorni dopo il protagonista deve ripartire e, prima della partenza, compra il giornale inglese del posto. Sfogliandolo, legge dell’omicidio di un settantenne dalla nazionalità argentina residente a Madras, ucciso a casa sua con un colpo di pistola senza che gli fosse stato rubato nulla. Alla foto dell’uomo, è affiancata l’immagine della statuetta della dea Shiva danzante, perché l’assassinato era un intenditore di arte dravidica e quello era il pezzo più noto del museo della città. Il protagonista cerca allora di chiamare Peter al numero che gli aveva fornito, a cui risponde una signorina che gli dice che non ha nessun recapito a questo nome: il protagonista dunque capisce e riattacca.

Commento
Nel racconto di Tabucchi, il viaggio di Peter Schlemihl è un percorso mirato ad espiare e contemporaneamente a vendicarsi di chi, quarant’anni prima, gli aveva rubato “l’ombra”, intesa come l’integrità fisica e morale di cui era stato privato ai tempi dell’olocausto, con la consapevolezza che, anche all’interno di una sola vita, il cerchio prima o poi si chiude. Il protagonista svolge solo la funzione di narratore ed infatti all’inizio del racconto si fa riferimento al motivo del suo viaggio verso la Società Teosofica, che non viene però mai spiegato apertamente, per lasciare spazio all’entrata del secondo protagonista, quello “vero” ed interessante, che parla di sé pesando le parole, non lasciando capire tutto, ma permettendo al lettore di interpretare ciò che dice nel modo che giudica migliore. Il tema è originale ed il modo con cui è trattato risulta altamente gradevole. Il racconto è lineare e di facile lettura e riesce ad incuriosire il lettore tenendolo incollato al libro fino all’ultima pagina, dove chi legge rimane spiazzato e impiega qualche minuto a raccogliere le idee ed i frammenti di passato disseminati tra le pagine, prima di ricomporli in modo coerente e capire chi fosse davvero quel misterioso Peter Schlemihl. Anche in questo racconto, come negli altri, è presente una piccola riflessione sulla vita, che non è mirata all’antirazzismo di cui si è parlato fin troppo, ma al ciclo vitale, argomento molto più interessante, i cui pezzi mancanti sono destinati ad essere chiusi dall’immaginazione di chi li guarda. Dopo aver voltato l’ultima pagina, ho pensato per prima cosa che Tabucchi era un pazzo e contemporaneamente un genio per essere riuscito a creare un puzzle così grandioso, spargendo i tasselli in dieci pagine e lasciando libero chi volesse farlo di raccoglierli ad uno ad uno ed andarli a posizionare nel posto giusto, quello che spettava loro di dovere.


Piccoli equivoci senza importanza
Una Toscana segreta e stregata, una stazione della Riviera, una Lisbona baudelairiana, un rallye di automobili d'epoca, un persecutore implacabile dall'aria distinta in un treno da Bombay a Madras. I racconti di Tabucchi sembrano, a una prima lettura, avventure esistenziali, ritratti di viaggiatori ironici e disperati. Poi l'apparente sintonia fra il reale e il narrato diventa all'improvviso turbamento e sconcerto. Come degli obliqui "racconti filosofici", le storie di Tabucchi si trasformano in una riflessione intorno al caso e alla scelta, un tentativo di osservare gli interstizi che attraversano il tessuto dell'esistenza. Nelle pagine di Tabucchi aleggia un'inquietudine metafisica che evoca la migliore tradizione italiana da Piero della Francesca a De Chirico, a Pirandello. Ma questo scrittore, che ama i personaggi eccentrici e le vite sbagliate, carica i suoi enigmi di una luce strana; i suoi geroglifici "polizieschi" sono le ricerche di un investigatore che non cerca risposte, ma un messaggio, un segnale, un'apparizione.
font: varie dal web

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